DAY 3: CICALE, CICALE, CICALE

15 luglio 2020 Esco dall’Hotel Corona alle 5. Deviazione per Cagnano Carpino e via più veloce della luce. Fa freschetto e cammino che è un piacere, almeno a 6 km/ora. Ho preso la SP43 perché la conosco e so che è abbastanza ombrosa. Ho il sole nascente di fronte e casualmente guardo indietro notando che la mia ombra è gigantesca! Non ci avevo mai fatto caso quanto è lunga l’ombra all’alba. Camminando sull’asfalto ho la possibilità di concentrarmi sul compito che mi son dato per questo piccolo Cammino che mi porta dalla casa dove vivo a quella in cui sono nato ripercorrendo a ritroso i decenni che ho accumulato. Oggi ho preso in esame gli anni 60-70, quelli che hanno cambiato il mondo e che mi hanno visto in prima linea in una battaglia politica infervorata. Ero nella gioventù liberale di Foggia e frequentavo il famoso Circolo Mautino situato in pieno centro cittadino. Nel covo si discuteva di cambiamenti, di innovazioni, di rapporti da cambiare e poi . . . non ricordo il seguito di quei propositi, la memoria si perde nel tempo ed una coltre lattiginosa copre avvenimenti che compaiono chiari nella mente ma completamente isolati, senza consequenzialità. Ognuno di noi ha preso la sua strada e quasi tutti quei progetti si sono persi nel marasma giornaliero del lavoro, dei rapporti familiari che si costituivano in luoghi diversi da quelli d’origine. Così come i grandi amori che finivano nel giro di una stagione ora diventano un volto sfuggente, appena abbozzato. E che dire dei compagni di scuola? Li ho rivisti su incontri pubblicati su Facebook e ne ho riconosciuto soltanto qualcuno. A pensarci, sto parlando di periodi risalenti a cinquant’anni fa; può essere anche giustificato un vuoto di memoria. Ricordo, però, le emozioni delle mie vittorie sportive delle corse ad ostacoli; ricordo Gino Colella, il mio allenatore che mi urlava dal rettilineo opposto: “alza quelle ginocchia, cane levriero!” Ricordo le litigate con la professoressa di italiano Di Donna sulle sue valutazioni dei miei temi in classe, il rifiuto di studiare la Ragioneria o la Tecnica perché mi erano totalmente antipatiche. Ma allora, perché mi sono iscritto al Ragioneria? Semplicemente perché mi hanno iscritto i miei genitori in quanto potevo così sfruttare i libri di mio fratello che era due anni avanti. Uno dei più profondi risentimenti nei confronti dei miei genitori è sempre stata questa imposizione che evidenziava una cultura paesana e patriarcale che, grazie a Dio, è poi stata sovvertita da quelle lotte nella famiglia e nella società che hanno portato a cambiamenti epocali di cui mi sono accorto molti anni dopo.

Continuo a camminare con un buon ritmo, oggi i chilometri sono tanti, più di 30. Devo approfittare ora per recuperare tempo. Passo da luoghi che riconosco, qui sono sbucato cercando un nuovo tratto di Via Francigena con Libera, questa è la deviazione per Monte Spigno, quest’altra . . . E intanto i chilometri passano insieme alle ore. C’è ombra abbastanza per non arrostirsi al sole. Finalmente arrivo al bivio per Carpino: l’indicazione mi dice “Carpino 18,4”. Pensavo ne mancassero una dozzina!!! Ma allora non sono 30 i km da San Giovanni ma almeno 35. Ma a pensarci bene, perché mi preoccupo? Camminare in questa vegetazione è una meraviglia! Quanti scambierebbero la loro giornata con la mia? Devo dosare il mio passo, aumentare la frequenza diminuendo la lunghezza. Questo ho imparato dai Cammini. E così faccio pensando un pò ai miei anni 60 continuamente distratto dagli scenari che mi si aprono davanti ad ogni curva. Che bello è il Gargano! E ancor più bello è percorrerlo con lentezza: i profumi delle piante, i loro colori, l’armonia del canto degli animali. Tutto compone un puzzle incredibilmente emozionante. E sono le emozioni che compongono i nostri ricordi (questo sarà l’argomento di cui parlerò nel convegno di Carpinone il 6 agosto). Finalmente, continuando sulla SP50bis, arrivo in un tratto fra i più belli del Gargano: si apre una visione in cui da sinistra compaiono i monti, poi il lago di Varano, in fondo le Isole Tremiti, l’istmo oltre il quale c’è il mare e, sulla destra, Carpino. Un dipinto del genere su tela risulterebbe poco credibile, troppi particolari tutti insieme. Ma quando l’autore è il Padreterno, allora quella è realtà. Mi fermo 5 minuti a guardare e riguardare e poi continuo. Il sole è alto e comincio ad essere stanco. Guardando la posizione della mia meta odierna mancheranno ancora 7 km. Alla mia sinistra inizia un sentiero in forte discesa, lo esamino bene anche guardando a valle. Ma sì, perché non andare un po’ all’avventura? Comincio a scendere con cautela perché camminare con uno zaino sulle spalle in discesa è sempre faticosissimo. Prendo piccole deviazioni, passo in un oliveto, ne esco fuori in una stradina strettissima e asfaltata finché non arrivo in un altro momento di incredibile bellezza: davanti a me, in basso, c’è Carpino illuminata da un sole splendente, sono circondato da una vegetazione colorata e, cosa emozionante, intorno c’è un frastornante canto di cicale come non ho mai sentito. Una in particolare fa degli acuti che sovrastano il coro. Il canto prende possesso dell’intorno e ho quasi l’impressione di essere completamente avvolto in un batuffolo di cicale. Faccio un breve filmato per immortalare il momento e continuo la mia discesa. Isabella mi aspetta nella sua casetta nella Carpino vecchia. La ristrutturazione dell’interno la rende piacevolmente abitabile. Per cena del pane e pomodoro con olio di Carpino e formaggio di Carpino e vino di Carpino e frutta di Carpino. Che dire oltre!

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