DAY 1: Partenza

13 luglio 2020 Non mi era mai capitato di iniziare un percorso da casa mia. Chiudo la porta di casa e faccio il primo passo. Strano. Così come è strano partire alle 13.00. Il motivo del perché parto alla controra è che devo arrivare alla salita di Santa Lucia, così è chiamata la prima salita che c’è sulla strada che porta da Foggia a Manfredonia, all’imbrunire. Perché? Devo alloggiare in qualche cava che c’è nella zona. L’unico albergo nei paraggi mi ha chiesto un prezzo alto per una camera. Mi devo, quindi, infrattare in qualche buco di cava di tufo. Non mi dispiace la cosa; nel Cammino di Dio per Gerusalemme ho approfittato qualche volta di vecchie case diroccate per passarvi la notte e dormire guardando le stelle o svegliandomi al primo chiarore dell’aurora: è meraviglioso. Ecco la necessità di arrivare col sole già calato perché restare in un rifugio in attesa del buio non è bello, il tempo non passa mai e poi ti svegli troppo presto al mattino.

Attraverso Foggia col sole alto, poche auto in giro. Dal Villaggio Artigiani prendo il Tratturo Castiglione, da me conosciuto per averlo individuato come percorso della variante francigena Troia – Foggia – Siponto – Manfredonia – Monte Sant’Angelo. Lo percorro in solitudine e con un sole battente che, nonostante un venticello volenteroso ma perdente contro il dio Sole, mi accompagna alle spalle dell’aeroporto di Amendola e di qui verso la salita di Santa Lucia. I chilometri sono di più di quelli che prevedevo, almeno 35. Sono quasi le 21.00. Mentre mi avvio per cercare qualche piccola buca nella cava di tufo, mi balza all’occhio la chiesetta del XIX secolo, ormai mezzo diroccata, di Santa Lucia. È una costruzione a tre elementi che era ricovero dei pastori della transumanza. Penso che possa fare al caso mio. Passo nel sottopasso della statale e mi avvio verso la chiesetta sperando di non fare incontri con i cani. Vicino alla chiesa c’è un albergo chiamato “Tenuta Santa Lucia” e se i cani mi sentono comincerebbero a latrare mettendo in allarme gli abitanti. Devo fare in silenzio. Arrivo alla chiesetta, è troppo buio e sono costretto ad accendere la torcia. La camera della chiesetta, 7x7m, ha un alto soffitto ed è sporca solo in un angolo. Le due finestre sul fondo non hanno infissi, come la porta. Un passaggio porta ad un ambiente di fianco e da questo si accede ad un altro ancora di seguito. Tutti e due queste stanze sono piene di rifiuti. Sono una vera e propria discarica. È un vero peccato constatare quale rispetto ha il territorio per le vestigia di un passato neanche tanto lontano. Immagino le celebrazioni religiose che si svolgevano in passato: un pretino di campagna e qualche pastore, un occhio alla messa e un orecchio alle pecore, una cerimonia semplice, un’omelia inneggiante alla Sacra Famiglia, minacce dell’inferno più tremendo per il peccatore. Poi il pretino se ne andava in qualche altra chiesetta di campagna con qualche caciotta in più nella sacca. Mi sistemo in un angolo con le spalle alla parete, lo zaino come cuscino ed i bastoncini a portata di mano in caso di pericolo. Mi stendo e trovo con difficoltà la posizione meno scomoda possibile. Trovata! I muscoli fremono per il rilassamento, un sospiro più lungo degli altri erompe dal petto e uno stato di beatitudine avviluppa i sensi che, di comune accordo, sospendono le loro funzioni. Il sonno arriva all’improvviso e quasi con violenza. Lo stato di incoscienza permette a tutte le componenti vitali del corpo di riposare: ecco, tutto il corpo riposa con me. Ma quanto dura? Un minuto, un’ora? So soltanto che con uno scatto involontario tutto il circuito sensoriale si mette contemporaneamente in funzione. Ma che è successo? Cos’è stato? Un rumore? Si è avvicinato un animale alla porta? Intanto dò all’udito il compito di intervenire perché è di sua competenza il fatto. Ecco, il respiro tace, i muscoli si bloccano mentre l’udito, quasi come un radar, esplora il buio circostante in tutte le direzioni. No, tutto è silenzio intorno. Però, come si fa a riprendere sonno ora? Ma che ora sará? Ho spento il cellulare che mi fa anche da orologio e potrebbe essere qualsiasi ora! Credo che sono le 3. Chissà quanto ho dormito nel periodo di sonno. Devo accendere il cellulare. Ma dove l’ho messo quando l’ho spento l’ultima volta? Santa Bellonia, non me lo ricordo! Nella tasca superiore dello zaino? O l’ho lasciato nel taschino della camicia? Che scemo, è qui nella tasca esterna del pantalone. E potrebbe anche rompersi se ci premo sopra con la coscia. Lo prendo, lo accendo e guardo l’ora: 00,30! Cioè mezzanotte e mezza!! Ma non ho dormito manco un’ora, e ora sono vispo come “la Teresa”! Che fare? Beh, continuo a fare ciò che ho fatto durante il cammino di oggi: continuo a riavvolgere il nastro della mia vita. In fondo questo percorso ideato da Foggia a Vico per raggiungere Vicolo Cesarone dove sono nato, vuole riavvolgere il nastro registrato della mia vita e riportarlo alla partenza. Non sarà per niente facile soprattutto ricostruire i miei primi vent’anni. E chi si ricorda più? Ma non precorriamo i tempi: come prima tappa sono arrivato alla fine del secolo scorso senza alcun problema. Si, un po’ di accavallamento di date quà e là ma, tutto sommato i tasselli dell’ormai grande puzzle si sono incastrati bene. Ma non è bello fare ora quello che dovrò fare domani. Meglio cercare di dormire! Sarebbe tutto più facile se si sentisse un televisore acceso o il rombo di qualche auto o il solito vicino che rientra tardissimo e fa un rumore indemoniato con l’apertura del box. Qui è tutto silenzio assoluto e mi viene da chiedermi: come si fa a dormire con tutto questo silenzio? Nel mio viaggio a Gerusalemme, però, sia in Grecia e sia in Turchia, ho dormito varie notti nello stesso modo e ci riuscivo ad addormentarmi; e ora? Che cos’è cambiato? Non è che sto invecchiando? Noooo! Ma che mi viene in mente! Per questo c’è ancora tempo. Intanto fra un pensiero e un altro il sonno, senza farsene accorgere, arriva per altre due ore; questa volta un rumore c’è: cosa sarà? Sicuramente una volpe che prosegue nella sua ricerca notturna. Io intanto ho preso confidenza col mio giaciglio e mi riaddormento ancora. Peccato non aver sognato perché ho passato proprio una gran bella notte che spero di ripetere al più presto.

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